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Computer intelligente: attuale irrealizzabilità

Il motivo per il quale non si può oggi realizzare il computer intelligente è che per farlo bisogna prima sapere cos’è l’intelligenza, e la scienza moderna non lo sa. 


Ora, io non sono un programmatore, ma un ideologo che scrive teorie di tipo auto dimostrativo, ovvero dimostrate dalle stesse parole con cui sono scritte, ed ho appunto scritto una teoria sul modo di formazione del pensiero e sull’intelligenza. 


L’intelligenza, cioè, non consiste nella mera capacità di formulare concetti, strategie ecc., che per esempio hanno anche gli animali, ma in un particolare modo di farlo, ovvero nella capacità di svilupparsi passando attraverso lo sviluppo degli altri. L’intelligenza è cioè tecnicamente nata nel momento in cui un’entità fino ad allora animale ha iniziato a maturare un sufficiente livello della consapevolezza di poter raggiungere un superiore stadio di benessere e di sviluppo solo attraverso il concorrere alla vita ed allo sviluppo degli altri individui. 


Tale speciale consapevolezza, acquisita in seguito a chissà quali e quanto remoti trascorsi esperienziali, avrebbe poi dato luogo agli schemi primordiali di quelle forme del conoscere che usiamo definire “altruismo”, “sensibilità”, “generosità”, eccetera, che rappresentarono la base per iniziare a vivere l’interrelazione fra individui secondo canoni che, appunto, da quel momento, li avrebbero resi “umani”. 


Di talché, considerato l’individuo come il centro di un cerchio, si può dire che egli è tanto più intelligente quanto più è ampio il cerchio delle esigenze altrui che riesce a contenere nell’ambito del suo “raggio di azione” mediandole con le sue. 


Fermo restando che la furberia non è affatto sparita dal sistema mentale dell’uomo, ma, sotto la pulsione, pure indispensabile per lo sviluppo, di perseguire il massimo del risultato con il minimo dello sforzo, si è trasformata in tendenziosità, ovvero tendenza a strumentalizzare l’intelligenza alle finalità della furberia. 


Nessun computer sarà quindi mai “intelligente” se prima non lo si programmerà in modo da dosare le sue scelte secondo i criteri con cui lo fa l’uomo, ovvero in base alle pulsioni fondamentali ed alle regole ne derivano, che costituiscono poi ciò che gli uomini chiamano morale. Pulsioni fondamentali che sono: la volontà di sopravvivere, svilupparsi, riconoscere, essere riconosciuti, raggiungere il massimo risultato con il minimo dell’impegno. 


Bisogna insomma programmare le macchine in modo che sappiano individuare la corretta qualità e quantità (misura) in cui queste cinque pulsioni fondamentali devono interagire nei processi “intellettuali” ai quali sono preposte. 


La mia teoria sull’intelligenza (sul modo di formazione del pensiero) è comunque ben più ampiamente descritta nei miei libri, ed in particolare in “La storia di Giovanni e Margherita” (scaricabile gratuitamente), scritta in forma narrativa per facilitarne la divulgazione di massa. 


Teoria, appresa la quale, credo non sia difficile realizzare dei programmi per insegnare a delle macchine ad operare in maniera “intelligente”, magari partendo dalle operazioni più facili.

  • Avv. Alfonso Luigi Marra

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