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Sodoma e Gomorra

tratto da “La civiltà degli onesti”

Sarebbe davvero interessante sapere cosa mai dovevano essere diventate Sodoma e Gomorra per scatenare in quel modo l’ira divina, visto che a noi invece Dio non fa nulla.


A meno che, al contrario, proprio nel mentre stava per versarci addosso un diluvio di pece rovente, Egli non si sia stupito a osservare per un istante – un istante che a noi sembra chissà come lungo – fino a che punto potremmo mai essere capaci di arrivare.


Un’altra possibilità è però che l’uomo, sfidando così l’onnisapienza di Dio, sia riuscito, nel mentre ne fa di tutti i colori, a simulare così bene l’onestà, da ingannare finanche Lui, almeno per il momento.


In ogni caso, a prescindere dal se sia o no riuscito ad approfittare transitoriamente della benevola distrazione o dell’infinita bontà di Dio, l’uomo occidentale, fino a qualche tempo fa, era quantomeno sempre stato conscio della sua ipocrisia.


Prova ne è, ad esempio, che se da un lato Sainte – Beuve diceva: «Non tutti i delinquenti sono moralisti, ma non ho mai conosciuto un moralista che non fosse un delinquente», dall’altro, a San Giovanni in Fiore, mio amatissimo paese d’origine, secondo i racconti di mio nonno Salvatore, o di mio zio Giovanni, un autentico santo laico riconosciuto tale da tutto il paese, se taluno si atteggiava a onesto, o addirittura si autodefiniva tale, subito il suo interlocutore, riportandosi a un antico adagio, e dunque a una consapevolezza molto comune, popolare, lo apostrofava ironicamente dicendo, o se non lo diceva lo pensava: «Gente onesta in case vuote».


Principio questo scontato anche per Esopo, quando fa dire alla famosa volpe che l’uva, in realtà irraggiungibile, non è matura.


Favola cioè con cui Esopo simbolizza che l’individuo è così alieno dalla morale da dare talmente per scontata la congruità dell’impadronirsi dell’uva altrui, che chi non ci riesce si vergogna del suo fallimento al punto da sentire l’esigenza di schernirsi dicendola amara.


Temi che ho svolto più diffusamente nell’introduzione a un mio precedente libro (Pazzia un Corno!), e anche in vari altri documenti.


Ho scritto cioè che è deliberatamente falso che l”onestà’ sia o sia mai stata un valore, mentre è un valore la ‘disonestà’, perché solo la contrapposta ‘disonestà’ di ciascuno, ovvero l’interesse personale di ciascuno a svilupparsi innanzitutto lui stesso, ha la forza di rendere dinamici i complessi meccanismi dello sviluppo.


Salvo che questa ‘disonestà’ causa poi un’eccessiva conflittualità, sicché gli individui sentono l’esigenza di una morale e la codificano.


Una morale destinata ad affermarsi solo nella misura in cui risulterà essere più vantaggiosa della disonestà, e che verrà meno nel momento in cui verrà meno il controllo.


Tesi dalle quali non vorrei si deducesse un invito alla disonestà convenzionale, poiché si tratta invece di un auspicio a che nasca infine una concezione dinamica e realistica di onestà, ovvero di onestà come necessità sociale, e non come valore astratto per conquistarsi il lontano paradiso, .. affinché nel mentre gli uomini, sulla terra, possano continuare a farsi gli affari loro: una concezione che appunto ha sempre e solo prodotto ipocrisia, opportunismo e disonestà intellettuale.


In tutto ciò ai giorni nostri è però accaduto qualcosa di nuovo.


  • Avv. Alfonso Luigi Marra

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